Marx inizia il suo Capitale dicendo che “la ricchezza di quelle società in cui prevale il modo di produzione capitalista, si presenta come ‘un’immensa accumulazione di merci’. “14 In questo senso, i rapporti sociali presentano infinite regolamentazioni formali-legali. Possiamo tracciare linee parallele tra le due relazioni. Pashukanis definisce il diritto su un doppio livello: “Il diritto appare a volte come un principio di organizzazione sociale, e altre volte come un mezzo per permettere agli individui di definirsi all’interno della società”.15 Il diritto ha quindi la doppia funzione, esterna e interna. In questo senso, non abbiamo forse una sorprendente somiglianza tra il funzionamento del diritto e la circolazione del capitale? Perché ogni relazione giuridica è una relazione tra i soggetti della legge. Nel Capitale, Marx parla del processo di scambio tra l’operaio e il capitalista:
affinché il nostro proprietario di denaro possa trovare la forza-lavoro offerta in vendita come merce, devono prima essere soddisfatte diverse condizioni. Lo scambio di merci di per sé non implica altri rapporti di dipendenza che quelli che risultano dalla sua stessa natura. Partendo da questo presupposto, la forza-lavoro può apparire sul mercato come una merce solo se, e nella misura in cui, il suo possessore, l’individuo di cui è la forza-lavoro, la mette in vendita, o la vende, come una merce. Affinché egli possa fare questo, deve averla a disposizione, deve essere il proprietario illimitato della sua capacità di lavoro, cioè della sua persona. Lui e il proprietario del denaro si incontrano sul mercato, e trattano l’uno con l’altro come sulla base di uguali diritti, con questa sola differenza, che uno è compratore, l’altro venditore; entrambi, quindi, uguali agli occhi della legge. Il perdurare di questo rapporto esige che il proprietario della forza-lavoro la venda solo per un periodo determinato, perché se la vendesse una volta per tutte, venderebbe se stesso, trasformandosi da uomo libero in schiavo, da proprietario di una merce in una merce. Egli deve considerare costantemente la sua forza-lavoro come una sua proprietà, una sua merce, e questo può farlo solo mettendola a disposizione del compratore temporaneamente, per un periodo di tempo definito. Solo in questo modo può evitare di rinunciare ai suoi diritti di proprietà su di essa.16
I lavoratori entrano nel mercato come liberi ed uguali, ma nelle parole di Marx, c’è sempre il Bentham-che ritrae il rapporto tra un lavoratore e il capitalista come
un vero e proprio Eden dei diritti innati dell’uomo. Solo lì regnano Libertà, Uguaglianza, Proprietà e Bentham. La libertà, perché sia il compratore che il venditore di una merce, diciamo di forza-lavoro, sono limitati solo dalla loro libera volontà. Contrattano come liberi agenti, e l’accordo a cui giungono non è che la forma in cui danno espressione legale alla loro volontà comune. Uguaglianza, perché ognuno entra in relazione con l’altro, come con un semplice proprietario di merci, e scambiano equivalente per equivalente. Proprietà, perché ognuno dispone solo di ciò che è suo. E Bentham, perché ognuno guarda solo a se stesso. L’unica forza che li riunisce e li mette in relazione tra loro, è l’egoismo, il guadagno e gli interessi privati di ciascuno. Ognuno guarda solo a se stesso, e nessuno si preoccupa del resto, e proprio perché lo fanno, tutti, in accordo con l’armonia prestabilita delle cose, o sotto gli auspici di una provvidenza tutta accorta, lavorano insieme per il loro mutuo vantaggio, per il bene comune e nell’interesse di tutti.17
Questo è ciò che Pashukanis intendeva con i rapporti giuridici essendo rapporti tra i soggetti. I lavoratori salariati sono ugualmente liberi – non c’è nessun potere che li costringa ad entrare in tali rapporti. I lavoratori sono soggetti liberi. Sono anche, formalmente parlando, uguali ai capitalisti. Ma è questa libertà formale che trasforma l’uguaglianza formale in disuguaglianza esistente. Qui vediamo che una volta che il punto positivo (libertà e uguaglianza) è messo in atto, diventa la sua stessa negazione. Questo ci ricorda ancora una volta Pashukanis, il quale sostiene che “la proprietà diventa la base della forma giuridica solo quando diventa qualcosa di cui si può disporre liberamente sul mercato”.18 In una forma capitalista di relazioni sociali, la schiavitù non è condotta legalmente. Lo sfruttamento e le relazioni, che sono di sfruttamento, non richiedono una sanzione legale. Tuttavia, è necessaria una mediazione: come abbiamo detto, il lavoratore salariato entra liberamente in un mercato e il suo sfruttamento si realizza (legalmente) attraverso la forma del contratto. Come scrive Marx:
le merci non possono andare al mercato e fare scambi per conto proprio. Bisogna dunque ricorrere ai loro guardiani, che sono anche i loro proprietari. Le merci sono cose, e quindi senza potere di resistenza contro l’uomo. Se mancano di docilità, egli può usare la forza; in altre parole, può impossessarsene. Affinché questi oggetti possano entrare in relazione tra loro come merci, i loro custodi devono porsi in relazione tra loro, come persone la cui volontà risiede in quegli oggetti, e devono comportarsi in modo tale che ciascuno non si appropri della merce dell’altro e non si separi dalla propria, se non per mezzo di un atto fatto di comune accordo. Devono quindi riconoscersi reciprocamente i diritti di proprietari privati. Questa relazione giuridica, che si esprime così in un contratto, sia esso parte di un sistema giuridico sviluppato o meno, è una relazione tra due volontà, e non è che il riflesso della reale relazione economica tra i due. È questa relazione economica che determina l’oggetto compreso in ogni atto giuridico.19
Una merce presenta una relazione sociale e il possessore come il proprietario non è che la personificazione del prodotto astratto di questa relazione. La lezione è dunque questa: perché la Legge funzioni, il soggetto deve interiorizzare strutturalmente il comando della Legge. Non obbediamo alla Legge perché è Buona o è la Verità, ma perché è necessaria. La Legge mostra il suo potere e il suo terrore, senza rivolgersi agli “individui concreti” come suoi soggetti. Così, se il soggetto kafkiano è il soggetto lacaniano, allora il soggetto lacaniano ha la struttura dell’ISA/RSA giuridico. Questa non è semplicemente ideologica, ma tocca l’organizzazione materiale della società.