I test posizionali per l’insufficienza vertebrobasilare (VBI) sono usati dai fisioterapisti come parte dei protocolli di screening pre-manipolazione. Recentemente, la validità dei test è stata messa in discussione perché un test negativo non deduce sicurezza con la terapia manipolativa cervicale, ma il ragionamento che circonda questa opinione può essere messo in discussione. Mentre i test posizionali sono stati sviluppati per testare il flusso dell’arteria vertebrale controlaterale alla direzione del movimento della testa e il conseguente effetto sull’apporto di sangue cerebrale, come dedotto dalla riproduzione dei sintomi, gli studi ecografici hanno dimostrato che il flusso dell’arteria vertebrale è intrinsecamente variabile. Piuttosto, i test dovrebbero essere considerati come test per l’adeguatezza del flusso collaterale in particolari posizioni della testa piuttosto che la diminuzione del flusso sanguigno in una particolare arteria, con più attenzione alle caratteristiche della riproduzione dei sintomi. Noi sosteniamo che il test posizionale per la VBI rimane prezioso per testare l’adeguatezza del flusso collaterale, e ha anche un posto importante come parte della diagnosi differenziale di individui con vertigini o squilibrio. La capacità del fisioterapista di diagnosticare in modo differenziato le vertigini e di riconoscere la presenza o meno di VBI non è solo fondamentale per un’indagine e una gestione medica tempestiva, perché è un fattore di rischio per eventi ischemici transitori e ictus, ma ha importanti influenze sulle decisioni di gestione relative al trattamento muscoloscheletrico cervicale, compresi gli interventi di esercizio. È importante che i test posizionali non siano considerati come test di integrità arteriosa e utilizzati per valutare il rischio di danni all’arteria vertebrale o carotide interna o la presenza di dissezione arteriosa cervicale. È necessaria una ricerca urgente prima di abbandonare prematuramente i test posizionali.