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Cosa significano veramente parole come “progressista” e “liberale”, e chi le può rivendicare? John McWhorter tenta, sul New York Times, di analizzare la questione. Mentre Hillary Clinton, nella sua campagna presidenziale, ha cercato di ri-branding come “progressista”, data la demonizzazione da parte della destra del termine “liberale”, McWhorter sostiene che le due parole non sono, e non dovrebbero essere, intercambiabili. “Solo un liberale su quattro userebbe l’etichetta ‘progressista’”, nota, e “il 7% dei conservatori si considera ‘progressista’”.
Ritornando al significato delle parole, McWhorter sottolinea che progressista significa davvero uno che va avanti – e in questo caso, è “impreciso e irrispettoso” “negare” il termine “progressista” a quelli di destra; “i conservatori non vedono tipicamente le loro opinioni come se ci spingessero all’indietro.”Nel frattempo, il termine “liberale”, che ha iniziato ad essere associato alla “libertà secondo la legge” e all’individualismo, è andato irreversibilmente alla deriva verso un’associazione con il “grande governo” e certi “valori sociali”. McWhorter pensa che questo debba essere il caso, semplicemente per praticità: il termine “liberale” è cambiato per sempre, che ai liberali piaccia o no. Questo lo porta al seguente suggerimento: invece di scherzare con il rebranding, la sinistra politica farebbe meglio ad attenersi al termine “liberale” – e ad abbassarsi e difendere le posizioni a cui la parola ora si riferisce.”
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