Molte – ma non tutte – le radici di quella personalità sono presenti in un nuovo DVD estremamente convincente, “The Miles Davis Story”. L’avvincente documentario è stato prodotto da Mike Dibb per l’inglese Channel 4 Television con il commento di Ian Carr, autore di “Miles Davis: The Definitive Biography.”
Mentre molto del materiale è basato su nuove interviste, il DVD attinge anche ad altre fonti, tra cui il documentario PBS del 1986 “Miles Ahead” e un video promozionale CBS della metà degli anni ’80.
Strutturata cronologicamente, dalla prima infanzia di Davis a St. Louis fino ai suoi ultimi giorni a Malibu, la storia rivela chiaramente – probabilmente senza volerlo – il nucleo guidato dall’ego che energizzava simultaneamente il suo processo creativo mentre distruggeva ripetutamente la sua vita personale.
I segmenti che illustrano in modo più persuasivo questa dualità sono una serie di interviste con i membri più vicini della famiglia: Irene Cawthon, la madre dei suoi primi tre figli; la sua ex moglie Frances Taylor Davis; sua figlia Cheryl; il suo figlio più giovane, Erin (anche se, curiosamente, non c’è nulla delle sue altre mogli, l’attrice Cicely Tyson e la cantante Betty Mabry). Allo stesso modo, le conversazioni con i produttori Bob Weinstock (che firmò Davis alla Prestige nei primi anni ’50) e George Avakian (che lo firmò alla Columbia nel 1955); con il suo stretto collaboratore musicale e personale, l’arrangiatore-compositore Gil Evans; e con i musicisti Clark Terry, Dizzy Gillespie, Jimmy Cobb, Ron Carter, Chick Corea, Dave Holland, Jack DeJohnette, John Scofield, Marcus Miller e il sassofonista Bill Evans, tra gli altri, aggiungono ulteriori dettagli al ritratto sfaccettato del documentario.
Alcuni di questi dettagli non sono lusinghieri. Cawthon descrive di aver fatto incarcerare Davis per non aver provveduto al mantenimento dei suoi tre figli e parla amaramente dell’omissione dei suoi primi due figli, Gregory e Miles IV, dal suo testamento. Frances Davis identifica il suo abuso fisico come causa principale della rottura della loro relazione. Diversi musicisti alludono alla sua periodica impazienza nei confronti delle donne e al suo maggior senso di benessere con gli uomini. I suoi già ben documentati problemi con le droghe sono anche affrontati, in diversi segmenti da Davis stesso, così come la sua eliminazione a freddo – a casa della sua famiglia – di un’abitudine alle droghe pesanti.
C’è, inoltre, un conteggio dei numerosi problemi fisici che affliggono Davis durante la sua vita: difficili problemi all’anca; un’operazione alla gola che ha portato al suo famoso stile di parlare; ulcere sanguinanti; e infine, un ictus.
Queste descrizioni sono disseminate in un dettagliato resoconto della carriera musicale di Davis: la sua prima amicizia con Terry; la sua enorme ammirazione per Gillespie, che alla fine lo portò all’opportunità di sostituire Gillespie nel Charlie Parker Quintet; le sessioni “Birth of the Cool” (descritte in un dettaglio troppo limitato); la sua collaborazione con Gil Evans in una serie di importanti registrazioni orchestrali; i gruppi che definirono gli anni ’50 e ’60; il suo fascino per la musica rock e l’elettronica negli ultimi decenni della sua vita.
Per quanto dannosi possano essere alcuni dei commenti dei membri della famiglia, ci sono plausi altrettanto potenti e drammaticamente contrastanti dai musicisti che hanno lavorato con lui. Evans, per esempio, descrive Davis come se avesse “cambiato il tono della tromba per la prima volta dai tempi di Louis Armstrong”. Dave Holland nota che era il “processo ad essere importante”. Davis, continua “stava registrando il processo di scoperta di questa nuova musica e di sviluppo della stessa. Ecco perché ha quella qualità di ricerca”. E Cobb, Carter e Keith Jarrett descrivono tutti, in modi diversi, l’incessante ricerca di Davis per raggiungere il prossimo orizzonte creativo.
Ognuno dei molti segmenti di questa notevole saga include esempi di Davis che suona in quel periodo. I puristi possono essere infastiditi dalla relativa brevità della musica, ma questo è, dopo tutto, inteso come un documentario che indaga piuttosto che una storia illustrativa della performance.
E Legacy ha reso facile seguire il viaggio da un esempio puramente musicale attraverso due CD musicali complementari: “The Essential Miles Davis.”
Quando il programma volge al termine, le ragioni del fascino di Davis sono notevolmente chiarite, su molti livelli. Le sue qualità carismatiche come esecutore, per esempio, sono visibilmente presenti quasi dall’inizio – indipendentemente dallo stile musicale o dalla moda dell’abbigliamento. E il suo modo di suonare, con le sue qualità distintamente melodiche (Cobb si riferisce al suo intrinseco lirismo, e Shirley Horn sottolinea l’affetto che i cantanti hanno per il suo modo di suonare) è anche costantemente attraente, dall’inizio acustico al finale elettronico.
Ma ciò che diventa chiaro è anche l’insistenza di Davis nell’essere visto alle sue condizioni, notando ad un certo punto la sua riluttanza di sempre a prendere ordini da chiunque. E potrebbe, in effetti, essere Davis stesso a fornire la migliore spiegazione di tutte quando disse semplicemente: “Non chiamatemi leggenda. Chiamatemi semplicemente Miles Davis.”
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Davis su disco
“The Miles Davis Story”
DVD, 125 minuti; Columbia Legacy
Rating: ****
“The Essential Miles Davis”
2 CD; Columbia Legacy
Rating: ****