The New Yorker, 25 febbraio 1967 P. 49
Un saggio sull’antitesi di verità e politica. Mentre probabilmente nessun’epoca passata tollerava così tante opinioni diverse su questioni religiose e filosofiche, la verità di fatto, se capita che si opponga al profitto o al piacere di un dato gruppo, è accolta oggi con più ostilità che mai… Anche nella Germania di Hitler e nella Russia di Stalin, era più pericoloso parlare di campi di concentramento e di sterminio, la cui esistenza non era un segreto, che avere e pronunciare opinioni “eretiche” sull’antisemitismo, il razzismo e il comunismo. Ciò che sembra ancora più sconcertante è che nella misura in cui le verità di fatto sgradite sono tollerate nei paesi liberi, esse sono spesso, consciamente o inconsciamente, trasformate in opinioni – come se il fatto del sostegno della Germania a Hitler o del crollo della Francia davanti alle armate tedesche nel 1940 o delle politiche del Vaticano durante la seconda guerra mondiale non fossero una questione di registrazione storica ma una questione di opinione.
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